Torino, troppo lavoro non resisto e decide di impiccarsi

l carico di lavoro era diventato troppo pesante. E alla fine lui non ha più retto. Claudio Quadrini, 51 anni, si è tolto la vita nell’azienda per cui lavorava. Rimasto solo, si è impiccato a uno dei pilastri del magazzino. A trovarlo sono stati poi i colleghi. Purtroppo era già troppo tardi. Sullo sfondo la Rosati di Leinì, un’azienda che si occupa di fabbricare sistemi di ventilazione. “Così, con questa mole di lavoro, non ce la faccio davvero più” – si era sfogato il giorno prima con i colleghi. Nessuno però si immaginava un simile epilogo. Da quando la ditta era stata acquisita da un gruppo tedesco, la WingFan, le politiche aziendali erano totalmente cambiate. Nell’ultimo anno erano state tagliate dieci persone e su di tutti pesava il timore di licenziamenti. Inoltre per quelli rimasti le pratiche da sbrigare erano notevolmente aumentate. “Non riusciva nemmeno più ad andare in pausa pranzo a mangiare – confida un collega – Era davvero troppo stressato”. E dire che in quella fabbrica, che vanta una quarantina di dipendenti, lui c’era arrivato una ventina di anni fa. Da sempre si era occupato del magazzino. Negli ultimi tempi però le responsabilità per lui si erano moltiplicate. Un peso che non riusciva più a reggere.

Oggi l’azienda è rimasta chiusa. Tra gli eponenti del mondo politico e sindacale la prima reazione sgomenta è arrivata dal deputato di Si Giorgio Airaudo: “Esprimo a nome di Sinistra Italiana le più sentite condoglianze alla famiglia del lavoratore della Rosati di Leinì suicidatosi per il troppo lavoro – ha detto il parlamentare torinese – In Italia viviamo un paradosso: pochi costretti ad ammazzarsi di lavoro mentre la maggior parte è soggetta a precarietà e sfruttamento. Ora basta. In Italia non si può morire di lavoro”.

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