Banca Etruria: la procura chiederà il rinvio a giudizio per 30 direttori di filiale

Sarebbero 30 i direttori di filiale di Banca Etruria per i quali, nei prossimi giorni, la procura di Arezzo chiederà il rinvio a giudizio. Truffa aggravata il reato ipotizzato dagli inquirenti: i clienti sono stati ingannati, convinti ad acquistare obbligazioni subordinate, prodotti finanziari riservati esclusivamente a “clienti istituzionali”.  Stessa sorte toccherà ai funzionari di vertice della banca: tre anni fa, quando la situazione patrimoniale dell’istituto era già critica, diedero indicazione di coinvolgere il maggior numero possibile di sottoscrittori anche tra chi  “non ha un profilo finanziario adeguato”. Ci sono le circolari recuperate dalla Guardia di Finanza a testimoniarlo. L’inchiesta della procura aretina ha preso il via in seguito al suicidio di Luigino D’Angelo, pensionato di Civitavecchia che si impiccò cinque giorni dopo il decreto “salvabanche” che rese carta straccia le obbligazioni, facendogli perdere 100mila euro. Nasce da qui l’indagine sui rapporti tra Banca Etruria e i risparmiatori. Fascicoli sono stati aperti in diverse città, sono tutti finiti per competenza al procuratore di Arezzo Roberto Rossi. Si parla di un centinaio di direttori indagati nei confronti dei quali si stanno terminando le verifiche. E nel maggio scorso è stata rintracciata la prova del raggiro nei confronti dei clienti. In una nota della Procura diramata la scorsa primavera si evidenzia come “gli investimenti in subordinate, su proposta dei responsabili d’area e degli uffici territoriali, sono stati prospettati a vari risparmiatori come investimento sicuro e analogo a quelli in obbligazioni ordinarie e titoli di Stato. Talvolta, il cliente è stato addirittura spinto a effettuare il disinvestimento di operazioni a capitale garantito per favorire l’acquisto delle obbligazioni subordinate, che gli era stato proposto come una promozione della banca rivolta ai propri clienti migliori, ma che doveva essere sottoscritto in tempi brevissimi”.

I controlli della Guardia di Finanza hanno poi chiuso il cerchio, facendo emergere la falsificazione dei dati dei clienti. Nelle schede personali, sono stati contraffatti titoli di studio, professioni ed età di chi sottoscriveva le obbligazioni. Ancor più grave, la percentuale di capitale investito. Per nascondere gli altissimi rischi imposti, in tanti casi si dichiarava che il cliente aveva investito il 15% delle proprie disponibilità, quando invece si trattava dell’80 se non addirittura del 90%.

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