Roma, commercialista si uccide per le cartelle esattoriali

Ha lasciato un biglietto alla segretaria: non voleva che fosse lei, da sola, a trovare il suo corpo senza vita, impiccato con una corda assicurata al soffitto al centro dell’ufficio. «Non aprire la porta, chiama qualcuno, le risposte che cerchi le trovi nel cassetto della scrivania». Sono le ultime parole di Pietro G., 67 anni, commercialista. Ieri, l’uomo si è ucciso nel suo studio in zona San Giovanni, perché era sommerso dai debiti e dalle cartelle esattoriali di Equitalia. Per risanare le finanze dell’impresa e per sperare di tornare in attivo, a Pietro sarebbero serviti cinquecentomila euro, soldi che non aveva e che non sapeva dove trovare. Nel cassetto della scrivania, appunto, i carabinieri della compagnia di piazza Dante, accorsi sul posto, hanno trovato decine di richieste di pagamento rimaste insolute. Sul caso, indaga la Procura.
L’INDAGINE
Il pubblico ministero Marcello Monteleone, titolare del fascicolo, procede per istigazione al suicidio, attualmente contro ignoti. Il magistrato ha già incaricato un medico legale di effettuare l’autopsia del cadavere. I risultati dell’accertamento si sapranno tra sessanta giorni. Gli inquirenti puntano a ricostruire il percorso tormentato che avrebbe condotto il commercialista ad accumulare debiti per una cifra così rilevante. Vogliono soprattutto capire se il sessantasettenne sia stato ricattato o minacciato: per tentare di recuperare i soldi, potrebbe essere rimasto strozzato da un giro d’usura, ma per il momento si tratta solo di un sospetto. Non è escluso, infatti, che il gesto drammatico sia scaturito dall’impossibilità di sanare debiti regolarmente contratti. Per fugare ogni dubbio, comunque, la Procura ha disposto il sequestro dei conti correnti del professionista e l’acquisizione dei tabulati telefonici del suo cellulare. In banca, gli investigatori hanno trovato una cassetta di sicurezza intestata alla vittima: era completamente vuota.

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